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La ricerca FANGHILAB: un nuovo orizzonte per la valutazione degli impatti ambientali e sanitari dei fanghi di depurazione

La ricerca FANGHILAB: un nuovo orizzonte per la valutazione degli impatti ambientali e sanitari dei fanghi di depurazione

Emilio Benfenati

La cura del territorio passa da un controllo costante su di esso. In A2A ne siamo pienamente consapevoli, e per questo la verifica scientifica dell’impatto del nostro lavoro è per noi una priorità assoluta.

Il monitoraggio dei fanghi di depurazione, valorizzabili come fertilizzanti in agricoltura o come possibile fonte energetica nel caso il fango non rispettasse i criteri per il recupero in agricoltura, ne è il perfetto esempio. Per questo abbiamo lanciato il progetto FANGHILAB - Forme Avanzate di Gestione dei fanghi di depurazione in un Hub Innovativo lombardo - con l’obiettivo di sperimentare nuove tecnologie per ottimizzare il recupero di materia e energetico in modo controllato e valutarne la sostenibilità sanitaria, ambientale ed energetica.

La valutazione dell’impatto delle diverse strategie di impiego dei fanghi è stata affidata all’Istituto Farmacologico Mario Negri, organizzazione indipendente che opera nel campo della ricerca biomedica. Emilio Benfenati, capo dipartimento Ambiente e Salute dell'istituto, ci ha spiegato come è stata impostata la ricerca e quali risultati ha fatto emergere.

L’importanza della valutazione dell’impatto sanitario

di Emilio Benfenati, capo dipartimento Ambiente e Salute - Istituto Farmacologico Mario Negri

Nel progetto FANGHI sono stati considerati gli effetti dei fanghi utilizzati in agricoltura o avviati a termovalorizzazione. Nel caso dello spandimento su campo, la maggior parte dei contaminanti viene rilasciata nel suolo. Da qui essi possono giungere ai corsi d’acqua superficiali o alla falda. 

Direttamente dal suolo possono trasferirsi agli organismi vegetali o animali. Le colture possono quindi risultare contaminate dagli inquinanti ed essere utilizzate dall’uomo, oppure giungere all’animale attraverso il mangime e poi arrivare all’uomo. Nel caso delle emissioni in atmosfera, i contaminanti volatili rilasciati sono dispersi, poi ricadono al suolo e nelle acque superficiali, e quindi seguono i percorsi descritti sopra.

Un metodo innovativo

Nel progetto abbiamo studiato centinaia di inquinanti, svolgendo analisi minuziose per misurarli, usando metodiche chimico-analitiche sofisticate. In aggiunta, abbiamo eseguito dei saggi biologici per valutare direttamente gli effetti dei contaminanti su piante e alghe, microcrostacei e batteri acquatici quali la dafnia. 
Nel caso delle analisi chimiche si ottengono informazioni su cosa è presente nel fango o nelle emissioni. Invece nel caso dei saggi biologici, si possono conoscere direttamente gli effetti dannosi. Inoltre, i dati ottenuti dai test in laboratorio sono stati integrati con i risultati di studi da letteratura scientifica e banche dati.

Per alcuni inquinanti non vi sono informazioni sulle loro proprietà tossicologiche. In tal caso, abbiamo utilizzato dei modelli predittivi (metodi in silico con modello VEGA). Anche nel caso della migrazione degli inquinanti, dal suolo alla falda o alla pianta, e poi nell’animale o nell’uomo, abbiamo utilizzato dei modelli che simulano il comportamento nei diversi casi. 

Conoscendo le quantità degli inquinanti, il destino ambientale e gli effetti, si può valutare il loro impatto, e quindi esprimere un giudizio sulla qualità delle diverse tipologie di fango e sulla loro destinazione d’uso. Per fare questo abbiamo integrato tutti i risultati e li abbiamo confrontati con parametri normati o secondo indicazioni da letteratura. Attualmente non tutti gli inquinanti analizzati sono normati e in tal caso abbiamo seguito procedure specifiche per la valutazione. 
In tal modo si ottengono dei giudizi di possibile impatto dei fanghi nei diversi scenari di applicazione: destino agricolo o di termovalorizzazione.

I risultati della valutazione

I risultati della caratterizzazione chimica dei campioni analizzati per mettere a punto il modello si sono dimostrati all’interno dei valori limite nazionali e regionali: si evidenzia l’idoneità per lo spandimento in agricoltura, anche se con gradi di qualità differente per i diversi fanghi studiati. Tuttavia, nel caso dell’uso sui campi, se si tiene conto dell’impatto sull’operatore, i risultati della valutazione evidenziano che non è rispettato il criterio di accettabilità del rischio per alcuni tipi di fango. Per le altre fasce di popolazione non vi è superamento del limite.

Nello scenario di termovalorizzazione dei fanghi è invece sempre rispettato il criterio di accettabilità del rischio. 
Inoltre, i saggi sul fango tal quale hanno evidenziato una importante fitotossicità (germinazione dei semi) per alcune tipologie di fanghi. Vi sono anche effetti ecotossici sulla dafnia, alga e batterio per diversi fanghi. Invece, studiando i terreni dopo spandimento, i saggi condotti non hanno evidenziato tossicità dei campioni analizzati. Infine, la modellazione nel suolo ha mostrato che i farmaci (umani o veterinari) e i composti perfluorurati potrebbero mostrare un rischio a causa di concentrazioni stimate vicine o addirittura sopra il limite cautelativo di 0,1 ug/L mutuato dalla legislazione sui fitofarmaci. La figura 1 riporta il livello di contaminazione in Lombardia stimabile, sulla base della concentrazione del farmaco ciprofloxacina nei fanghi e delle caratteristiche dei suoli.

Il progetto ha fornito non solo dei risultati sugli effetti dei fanghi, ma ha anche sviluppato un insieme sofisticato di metodi e un indice specifico che accorpa i vari risultati. Lo schema ottenuto prevede la misura dei contaminanti, l’uso di metodi di calcolo per la valutazione del rischio, l’identificazione di criteri di accettabilità e rischio incrementale.
L’uso dei saggi biologici (figura 2) consente un arricchimento di tale valutazione. I risultati sono stati combinati in un indice che consente il confronto anche in casi di inquinanti ed esposizioni diverse. 

Si tratta di un Indice multiparametrico di rischio e qualità che valuta prioritariamente gli effetti cumulativi di rischio della miscela di inquinanti presi in considerazione ed alla quale sono esposti i diversi ricettori. I valori ottenuti sono confrontati con una scala numerica continua, analoga a quella già adottata dall’EPA e dagli altri organismi internazionali.

Durante la nostra sperimentazione all’interno del progetto FANGHILAB è stato eseguito il calcolo dell’Indice considerando il caso specifico della co-combustione di fanghi e rifiuti (su base ponderale: 30% fanghi essiccati al 75% s.s. - 70% Rifiuti), confrontandolo con l’indice di un caso ipotetico di uno spandimento agricolo nella stessa zona di fanghi di Alta Qualità come definiti dal DDUO 6665 della RL. In entrambi i casi la soglia di rischio e/o valore limite di qualità è rispettato ma, nel caso di sito-specificità analizzato, risulta meno impattante la termovalorizzazione. 

La filiera ECO-SLUDGE

In un’ottica più ampia, il progetto FANGHILAB è stato anche l’occasione per rafforzare la sinergia tra A2A e i molti attori coinvolti. Un impegno che proseguirà anche su altri fronti, primo tra tutti quello della filiera “Eco-Sludge: ecosystem for a sustainable and innovative sludge management value chain”.

Un gruppo di lavoro attivo dal 2020, ammesso da Regione Lombardia tra le proposte progettuali volte allo sviluppo e al consolidamento delle filiere produttive e degli ecosistemi industriali del territorio. La filiera riunisce 18 soggetti, tra cui imprese, centri di ricerca e associazioni impegnati nella gestione, nel trattamento e nell’analisi dei fanghi di depurazione.

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Emilio Benfenati
  • Economia circolare
  • Fanghi di depurazione
  • Lotta agli sprechi
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